Ci sono degli artisti che dal colore non cavano nient’altro che colore. Ció sembra a prima vista normale. Per niente! Il vero artista ha la capacitá di formare qualcosa d’altro dal colore che non l’accumulo di pigmenti. Un vero pittore non dipinge quadri. Egli immagina la possibilità dell’apertura in un mondo diverso. La vera arte funge da punto d’articolazione tra realtá e sogno, ove le apparenti posizioni contrapposte sono in fin fine una e la stessa cosa, allo stesso modo come l’astratto e il reale. Signore e signori, ciò significa la forza di poter svegliare nell’esistente triviale il trascendentale. La capacitá artistica ha nulla a che fare con il superificiale, anche se un quadro consiste in nient’altro che in una superificie.

La cosidetta profonditá, ambiguitá, il segreto, il sacrale si trova nella banalitá della tavolozza e della carta. Mediante una misteriosa trasformazione nell’apportare il colore sulla tela avviene qualcosa di miracoloso, cha fa di un variopinto valore di colori una luce, che non è appunto soltanto un effetto-luce. Vi sono oltre ad artigiani della pittura più o meno bravi anche veri pittori, che non devono essere appunto buoni artigiani. Qualchevolta i virtuosi della pittura con la propria capacitá di pitturare ostacolano la strada per una vera e propria via artistica. Un bravissimo pittore non deve essere obbligatoriamente anche un noto artista. Una pittore disordinato o anche uno che fallisce nei propri esperimenti può essere un’affascinante natura artistica, le sue opere sono spesso molto più intreressanti che non quelle del grande pittore artigianalmente perfetto.

Sullo sfondo di queste riflessioni ci si dovrebbe avvicinare alla pittura di Karl Hartwig Kaltner. Dico espressamente “pitture” in quanto il termine “quadro” non mi sembra adeguato per questo stato d’eccitazione e tenute di meditazione del colore. Karl Hartwig Kaltner è per me un vero e proprio pittore, appunto un rappresentante di quella rara specie, che ricavano dal tubettino di colore il miracolo di questa luce e di questi bagliori. Conosco il pittore già da qualche anno e sò che s’ispirare in modo particolare dalla musica, cioè da una cosa che appartiene più al mondo dell’aldilá che non a quello nostro, quello terreno. Kaltner non è soltanto occhio, bensì anche orecchio, che sente verso un altro mondo. Nelle sue opere s’intravede questa musicalitá e questo vibrare cosmico – che siano di formato grande o formato piccolo, su base d’oro zecchino oppure su un fazzoletto di carta, piene di colori oppure scarseggiante di colori fino alla loro non esistenza. Egli pensa di lui che sia troppo cattolico, troppo propenso al misterioso. Personalmente non ho visto nulla di ecclesiastico – figuriamoci d’incenso oppure di un teatro dei misteri relativo alla creazione del mondo.

Il pathos di Kaltner non si copre per nulla con i gesti da prete di un Nitsch. Kaltner è un pittore calmo che schiva qualsiasi tipo di esagerazione e di rappresentazione personale. Ciò non significa però con abbia alcuna propensione verso il delicato e il lussuoso. Le sue pitture non si limitano però al raffinato sfarzo oppure in un vuoto messo in scena in modo esatto oppure ben dosato. Si sente sempre che ci sia il “dietro”, che dona il senso pittoresco e che apre ad un altro spazio. La pittura di Kaltner è la chiave per un “altrove” Siamo di fronte ad un arte sacrale? Non lo so. A me basta l’espressione “spirituale”. In ciò si trova la pretesa dell’immensità senza limiti. Kaltner ha sempre preteso ciò, con le sue monumentali bandiere, che terminano nell’aldilà. E con i suoi piccoli lavori, che non hanno meno effetti cosmologici.

Dott. Anton Gugg